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CHE COSA È IL TRUST

L’istituto del trust è entrato nell’ordinamento italiano nel 1992 con la legge di ratifica n° 364\1989 che recepiva la convenzione dell’Aja del 1985.

Con la costituzione di un trust un soggetto (detto settlor “disponente”) trasferisce la proprietà di una parte o dell’intero patrimonio a favore di un terzo (detto trustee “fiduciario”), il quale dovrà gestirlo secondo le istruzioni contenute nell’atto costitutivo del trust.

Esistono numerose varianti di trust così come non esiste un testo standard di atto costitutivo di trust; le finalità e le istruzioni che lo regolamentano riflettono sempre e solamente la volontà del disponente.

Le motivazioni che possono indurre una persona a costituire un trust sono molteplici.
Per fare qualche esempio un trust può consentire:

  • la continuità delle aziende di famiglia;
  • il mantenimento di partecipazioni di controllo in società di grandi dimensioni;
  • la gestione di un patrimonio immobiliare;
  • la liquidazione di società in stato di crisi;
  • la tutela di familiari minori, disabili o della prole che verrà;
  • la regolamentazione di accordi pre-matrimoniali,
  • la sistemazione del patrimonio nei procedimenti di separazione e di divorzio;
  • l’ampliamento della tutela dei bisogni della famiglia rispetto ai limiti previsti del fondo patrimoniale.

Qualunque siano le finalità del trust, lo scopo comune è la segregazione del patrimonio che si realizza quando si dispongono i beni all’interno del trust.

L’Agenzia delle Entrate con la Circolare 48\E del 6\8\2007 ha regolamentato i rapporti fiscali all’interno del trust.

IMPOSIZIONE FISCALE SUI SOCI DELLE PICCOLE SOCIETÀ A RESPONSABILITÀ LIMITATA

La legge di bilancio 2018 ha modificato sostanzialmente l’imposizione fiscale del dividendo distribuito dalle società di capitali ai soci.

Fino al 2017, il socio dichiarava il dividendo ricevuto nella dichiarazione dei redditi, lo sommava agli altri redditi percepiti e, detratti gli oneri vari, calcolava l’IRPEF.

Dal 2018 il dividendo che il socio riceve, non è più soggetto all’IRPEF ma ad un’imposta sostitutiva del 26%.

Ciò significa che il socio, se non ha altri redditi soggetti all’IRPEF, non può più portare in detrazione gli oneri detraibili e deducibili previsti dalla normativa fiscale.

Una soluzione alternativa all’imposta sostitutiva potrebbe essere la decisione, che però deve essere presa da tutti i soci della società, di optare per la c.d. tassazione per trasparenza: il reddito imponibile della società viene ripartito pro-quota in capo ad ogni socio e, sullo stesso, detratti i vari oneri, si calcola l’IRPEF.

Il dividendo ricevuto pro-quota è soggetto alle aliquote progressive dell’IRPEF comprese tra il 23% e il 43%, oltre le imposte addizionali regionali e comunali.

Una soluzione preferibile e meno penalizzante da un punto di vista fiscale, nell’ipotesi che il reddito imponibile del socio fosse soggetto alle aliquote IRPEF più elevate, è l’opzione, con decorrenza dal 2018, per l’IRI, una nuova imposta al 24%, studiata per le ditte individuali e per le società di persone, ma estesa anche alle srl che non hanno più di dieci soci, persone fisiche.

Con questa opzione, che vale per tutti i soci, gli acconti di utile che ogni socio si prende nel corso dell’anno, sono soggetti all’IRPEF, mentre l’utile che rimane nella società è tassato con l’IRI al 24%.

Con questo metodo il socio può calibrare i prelievi di utile in funzione delle aliquote IRPEF e delle spese che la legge gli consente di detrarre o di dedurre.

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